IL MIO DIZIONARIO (di Vincenzo Palmisano) – 16^ parte

COPRIFUOCO

San Michele Salentino: anni ’40 del secolo scorso.

E’ tardi. Il buio stringe in un pugno tutte le case del paese. Io sono già a letto, ma non riesco a dormire.

Il caldo in camera è insopportabile, l’odore acre dello zampirone mette in fuga le zanzare, ma tiene lontano il sonno.

Mi giro, mi rigiro, ma non trovo requie.

Ad un certo punto un grido lacera il silenzio: chiudete la finestra, dal cielo vedono la   luce e  buttano le bombe, le bombe!.

A distanza di tanti anni, ne risento ancora l’eco.

Era la voce di una delle tre guardie municipali che ogni sera, quando tutti erano in casa, non essendoci ancora la caserma dei carabinieri, facevano il giro del paese per vigilare sulla nostra sicurezza.

Fu allora che per la prima volta scoprii l’esistenza e il significato della parola coprifuoco.

Anche quelle tre guardie fanno parte della storia di San Michele, ed ora è bello ricordare  i loro nomi: Benedetto Gioia, Pietro Tagliente, Cosimo Vitale.

SPROCCO

Mi piacerebbe scrivere un racconto breve utilizzando solo parole desuete. Quelle che nei vocabolari hanno una croce affianco. Sono tantissime.

Sono parole apparentemente defunte, perché basta tirarle fuori dall’oblio, rimetterle in campo e usarle.

Per esemplificare, ne scelgo una, la prima che mi viene in mente: SPROCCO. Significa stecco, sterpo, e mentre la scrivo rivedo la nonna seduta davanti al focolare e risento lo scricchio provocato dallo spezzare quei rametti portati dalla campagna per accendere il fuoco e che lei chiamava li sprocce.

MUTAZIONE ANTROPOLOGICA

PUBBLIVORO ( con l’accento sulla i ). E’ l’uomo nuovo, mangiatore di pubblicità e consumatore vorace.

BRUCIAGLIA

Parola rara. Usata pochissimo anche in Toscana,  dove è nata. Indicava tutto quello che serviva  per accendere il fuoco, quando ancora la DIAVOLINA non era stata  inventata e il barbecue era una esclusività britannica.

E ora, potenza della parola, non sentite il profumo della carne o del pesce, mentre si cuociono alla griglia sulla brace?

VECCHIAIA

Un surrogato di vita.

ETEROGENESI DEI FINI

Ve cu te fasce la crosce e te cieche li uecchie.

(Vai per farti il segno della croce e con  le dita ti accechi.)

CASSA INTEGRAZIONE

L’anticamera del licenziamento

POESIE A MEMORIA

“Torniamo alle poesie a memoria”, così ha gridato lo scrittore Antonio Pennacchi dalle pagine di Repubblica.

E noi siamo già tornati, gli hanno risposto in coro i “ragazzi libro” delle scuole del nostro ingiustamente vituperato Sud, dopo aver letto il suo articolo.

Si chiamano “ragazzi libro” quegli studenti amanti della lettura che leggono poesie e prose di autori italiani e stranieri, li imparano a memoria e li recitano in pubblico in occasione di eventi culturali importanti come questo che ora rievoco.

Qualche anno fa nel Liceo classico di Ostuni, alla fine di un incontro con Dacia Maraini, uno dei “ragazzi libro” recitò una poesia del padre Folco Maraini, colpendo al cuore la scrittrice con una enfasi strabiliante degna di un attore provetto e di un giocoliere della parola.

Salutando i ragazzi  e gli insegnanti, la Maraini disse: “E’ bello e utile quello che voi fate, perché la memoria è lo scrigno prezioso che contiene e custodisce quello che merita di essere ricordato e tramandato”.

Vincenzo Palmisano

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Un Commento a “IL MIO DIZIONARIO (di Vincenzo Palmisano) – 16^ parte”

  • edmondo:

    “Il professore” continua a darmi i “compiti a casa”!
    Ogni voce del suo dizionario è un’occasione per ricordare,rinverdire immagini quasi sempre, ormai, dissuete. Questa volta il compito era ritrovare nella memoria della nostra gente il termine “sprocce”.
    Ho chiesto in giro ma nessuno ricorda questa parola e mi viene il dubbio che sia solo ostunese (T.Nobile= spròccë). Noi sanmichelani per indicare il rametto secco utile per accendere un fuoco , diciamo: piccitùrë.
    E’ così?

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