I dolci di Natale (di Nicola Romanelli)

Tratto da “Il gusto della mela”, scritto da un sammichelano doc, Nicola Romanelli. 

 Tra una chiacchiera e l’altra, belli rilassati, la mamma che ha avuto sempre il dono di scomparire senza farsi notare, riappare di solito per qualche novità ma questa volta strappa le nostre esclamazioni di desiderio e gratificazione.

-          Voglio vedere se ne avete ancora voglia, dice ponendoci davanti il vassoio dal dolce-acre profumo delle paste di mandorle, ricoperte di zucchero candito. I nostri dolci preferiti. –

Dopo aver mangiato avidamente i piatti gustosi che solo nelle grandi feste ci è concesso, accogliamo i dolci come i fuochi d’artificio si addicono per terminare una grande e cara festa.

Nzin si tuffa sul vassoio  con tutte e due le mani e Nucc, presolo dalle bretelle sulla schiena, lo ritira brutalmente indietro. Enzo ha le manine chiuse con forza e strilla che i dolci sono tutti suoi. Noi ci divertiamo per quel litigio, sappiamo che non c’è motivo di azzuffarsi, abbiamo visto le sorelle con la mamma farne talmente che ne avremo per tutta la settimana.

Enzo testardo come al solito si è rituffato sui dolci, essendone particolarmente ghiotto, e Antonio infuriato, con un altro strattone, lo rimette a sedere.

-          E lascialo stare. Anche a volerlo non può mangiarle tutte, queste paste-di-mandorle! – Si spazientisce Giuseppe. 

-          Intanto sto muso di porco ci sbava su ed io non li voglio così. – Replica Antonio.

-          Spicciatela – impone deciso ma allegro, il capo famiglia, mentre alza in alto il bicchierino ripieno, fino all’orlo, di rosolio. – Alla salute! –

Beve d’un fiato… e al momento non soffoca, essendogli andato di traverso tossisce per il bruciore. Svelto si tracanna la mia gazzosa, e sospira di sollievo.

Tutti noi chiediamo di assaggiarne un pochino, perché il rosolio é veramente buono, ma la bottiglia è sempre chiusa a chiave e non riusciamo ad ammorbidire l’ostinazione della mamma. Nostro padre è allegro, e per la sua rilassatezza, la mamma ce ne concede una goccia, proprio perché Natale, e basta.

L’essenza di rosolio é profumata, dolce e pizzica! La gustiamo e ne chiediamo ancora. Inutile, la mamma è inflessibile. – Per voi non va, e poi, quando viene un ospite, non c’è mai niente! –

La bottiglia preziosa non c’è più, nemmeno per tätä, che veramente un altro sorso lo pretende, senza successo.

Da tempo ho adocchiato nel piatto di Enzo il suo tordo intero. Si è mangiato le polpette e ne mangerebbe ancora, ma per la carne non è esigente. Di proposito ho lasciato una polpettina, e furbescamente gli propongo lo scambio.

Allunga la sua paffuta mano e se la mette in bocca. È un simpaticone, allegro e guarda nei piatti in cerca di altre polpette rimaste, mentre svelto mi mangio il tordo succulento prima che si renda conto della differenza dello scambio.

Siamo pacificamente rilassati. Sazi di cibo e di chiacchiere. Ma a tavola si sta così bene! Pure l’acc ( il sedano), la catalogna e i finocchi sparsi sulla tavola sono spariti! Divorati!

Mamma è di nuovo sparita. Eccola riappare come una fata, in piedi accanto al marito, un fagottino in mano, spinge da parte il vassoio e con dolcezza lo pone sul tavolo. Lo snoda e piano rotolano diverse arance, e meraviglia! tre grosse colorate mele.

Le mele dei miei sogni!

Ne avverto il profumo, denso, forte, cupo e resto a bocca aperta.

A ciascuno distribuisce un’arancia. Le mele restano là.

-          Anche la frutta – esclama nostro padre, quasi a mo di rimprovero benevolo alla mamma per tanta esagerazione.

-          Embeh, credi che oggi poteva mancare? Mi son fatto bastare i soldi che mi hai dato per le compere. E tira di qua, e tira di là, eccoqua la frutta! –

Nessuno mangiava l’arancia, l’avremmo mangiatoa per strada, uscendo. Aspettavamo.

Tätä` conscio dell’attesa, come per un avvenimento solenne, afferra una mela e col coltello la divide in spicchi e poi attentamente li sbuccia finemente. A ciascuno concede uno spicchio, servendomi per ultimo.

Il gusto della mela, esplode croccante e sugoso sotto i miei incisivi e i molari. Mastico lentamente per prolungare il piacere.

Ah che gusto la mela e mentre trattengo quel magico istante, sogno un giardino, un campo recintato da invalicabili muri, dove prosperano alberi stracolmi di mele dal colore rosso lucente, striate di giallo. E invidio quasi con astio quei fortunati bambini che ne hanno in abbondanza, come io ho i fichi secchi e i fichidindia.

Ma non riesco a immaginare  un mondo dove possa esistere quel giardino, per me non esiste altro se non il piccolo- grande universo di Massarianova.

Mentre aspetto il prossimo spicchio di mela, rubacchio una buccia e ne osservo il colore. Furtivamente la infilo in bocca e me la mangio di gusto. Anche la mamma ne prende, anche le sorelle e fratelli, e il padre comprende e sorride sornione. Ora aspettiamo a prendere il resto delle bucce, quasi litigando, appena le fa cadere sul tavolo!

Dopo mangiato, quando tutto è riordinato, si va tutti assieme dalla nonna, per finire la serata, assieme a tutti i parenti. Al solo pensiero, mi viene un formicolio sotto la pelle: – Là potrò giocare con tutti i miei cugini! –

-          Colì, ne vuoi una? – Ria mi scuote forte la testa.

Sono trasognante, mentre mi delizio al gusto sugoso della mela!

Ria mi mostra i fichidindia spruzzate di calce, per mantenerle a lungo.

Una delicatezza fuori stagione, una sorpresa tenuta segreta fino a Natale.

Ma la pancia è piena, i sensi sazi!

-          Più tardi – dico, e Ria sconsolata e comprensiva le riporta ad appendere, sotto la bianca e bassa volta della cucina.

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