IL MIO DIZIONARIO (di Vincenzo Palmisano) – 29^ parte

IN MEMORIA

Negli anni ’30 una umile popolana sanvitese di nome Maria Concetta Carlucci, colpita da una visione, decise di far costruire nel nuovo rione “La Piantata” di San Vito dei Normanni una chiesa da dedicare al suo santo preferito, San Michele Arcangelo. E con una questua paziente incessante e faticosa in paese e nelle campagne il suo sogno divenne realtà.

Nel 2007, il Rettore della chiesa da lei voluta, don Antonio Chionna, noto studioso della civiltà rupestre, instancabile animatore culturale e autentico “patrono” dei Beni culturali, chiama lo scultore Cosimo Giuliano e gli chiede di eternare la profonda devozione e la granitica spiritualità di questa donna.

Giuliano entusiasticamente elabora il progetto e si mette all’opera con grande fervore. Subito dopo la religiosità popolare si fa argilla, diventa visibile, si incarna nel bronzo, e dalle sue mani sapienti nasce la statua, il monumento a Maria Concetta Carlucci.

Dal giorno della solenne inaugurazione al cospetto del Cardinale di Napoli Michele Giordano, amico e compagno di studi di don Chionna, Maria Concetta Carlucci è seduta su un piedistallo di marmo, accanto all’ingresso della chiesa.

Oggi la sua muta presenza riempie il vuoto del sagrato, ed è come se aspettasse il ritorno di don Antonio, che dalla mattina di Pasquetta dell’anno scorso non c’è più.

Una assenza che non diventerà mai lontananza dimenticanza e oblio.

CAMMEO

Può l’intelligenza essere definita bellissima?. Assolutamente sì.

Io l’ho incontrata: era l’intelligenza di Pia Buonfrate, la mia professoressa di Storia e filosofia al Liceo classico “V. Lilla” di Francavilla Fontana (Brindisi).

Una donna fine e gentile, una docente autorevole, fornita di una straordinaria cultura umanistica, da tutti stimata e rispettata.

A me piaceva molto ascoltarla.

Faceva lezione muovendosi avanti e indietro lungo la prima fila dei banchi. Parlando lentamente, scolpiva le parole e dava a noi alunni la possibilità di trascrivere quello che lei diceva.

Nel dipanare gli argomenti, non usava il filosofese, e con la sua bellissima luminosa intelligenza ci aiutava a non smarrirci nel labirinto oscuro del libro di testo.

Del suo magistero conservo gelosamente tutte le sue lezioni dei tre anni di liceo registrate in diretta a mano su tre quaderni dalla spartana copertina nera, tipica dei grami anni ’50 del secolo scorso.

Ieri, cercando altre cose, li ho ritrovati e, sfogliandoli e rileggendoli, ho risentito il tono pacato della sua voce e il suo dire limpido e forbito.

NORD-SUD

“Infrastrutture della mobilità: Italia a due velocità”. –“Italia disunita: al Nord alta velocità ferroviaria e alta capacità, al Sud treni lumaca”. –“Basilicata: il sogno di treni più veloci”. –“L’alta velocità giunga anche a Lecce”.

Da un po’ di tempo, chissà perché, quando mi imbatto in titoli di giornale come questi, all’istante mi soffermo sulla parola capacità e mi viene in mente il verbo capacitarsi.

Forse perché, ogni volta,  è come se qualcuno, alzando la voce, esclamasse: voi meridionali vi dovete capacitare, convincere, persuadere che bisogna ancora aspettare per avere l’alta velocità anche al Sud.

Ma, se non ora, quando?.

DAD

La didattica a distanza sta alla didattica in presenza come un caffè di orzo bevuto in casa in tempo di guerra sta a un caffè centellinato nel famoso bar di Piazza Plebiscito a Napoli in tempo di pace.

Vincenzo Palmisano

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