SINEAD O’ CONNOR & POIESIS – di Francesca Iurlaro

Sarebbe stato interessante chiedere a Sinéad o’ Connor quanto la spiritualità influenzi il suo metodo di creazione artistica. Se si parla di misticismo, non riesco a contenermi: mi viene la curiosità di sapere quanto una visione mistica della vita e del rapporto con Dio influisca nei processi creativi. Niente, curiosità insoddisfatta. C’era da aspettarsi invece il riferimento agli abusi, alle solite storie della stampa a cui lei rispondeva a bassa voce – e smentiva: “Io non ho mai odiato mia madre”.

Per fortuna l’arte parla da sé, quindi non è stato difficile trovare risposta alle mie domande. E’ vero che il processo di creazione artistica rimane impercorribile a ritroso, ma se ne vedono gli effetti, eccome. Che dire allora? Non sappiamo in quali termini la spiritualità influisca sulla poiesis (appunto) –  il nesso fra spiritualità e lyrics è evidente, ma che dire delle melodie scelte? Senza dubbio si rifanno ad una tradizione, quella irlandese: ma c’è un rapporto, semmai anche inconscio, fra quelle melodie e il concetto spirituale che vi è alla base? Questioni dibattute – e che qualcuno dibatterà ancora, con un po’ di fortuna.

Torniamo a Sinéad: timida, senza ombra di dubbio. Una tale discrezione non può non tradursi musicalmente in atmosfere intimistiche – come conferma la scelta di esibirsi in versione acustica, che certo una Piazza del Podestà gremita di gente poco valorizzava.  “Times They Are A – Changing” di Bob Dylan in apertura del concerto(“perché il presente più tardi diventerà passato”), poi un viaggio fra Irlanda e dischi recenti dell’artista (“Universal Mother”, “Theology”), fino all’attesissima “Nothing Compares 2 You”. Ma Sinéad non piange più quando la canta, come nel videoclip.

E’ stato interessante sentirla parlare, nella conferenza stampa tenutasi qualche ora prima del concerto al Relais “Marchese del Grillo”, del suo rapporto con altri generi musicali di ispirazione spirituale: la musica nera d’America, il reggae, la musica religiosa dell’Irlanda degli anni ’70. “Tutti questi popoli combattevano per lo stesso ideale: il riconoscimento di alcuni diritti fondamentali”. La lotta genera sofferenza, il blues, condizione esistenziale universale declinata da ogni popolo in maniera diversa, ricca, piena di storia e storie. Perché la musica popolare è spirituale, e ha sempre storie da raccontare.

Francesca Iurlaro

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