Trulli, politica e fiere (di Edmondo Bellanova)

Vedo, con piacere, che le foto dei “miei” trulli stanno suscitando interesse tra i frequentatori del sito!
Il primo pubblicato, quello che ho denominato “trullo guardiano” , è veramente un’eccezione. Quando, tra gli ulivi di contrada Archivecchi, ho intravisto innalzarsi questa forma particolarissima  sono rimasto di stucco e ho scattato centinaia di fotografie sicuro d’aver scovato un manufatto unico in tutta la terra dei trulli.
Ho chiesto informazioni a Daniele, l’attuale proprietario del terreno che non aveva certo focalizzato l’unicità del suo trullo e con lui ho discusso sulla necessità di valorizzare il manufatto con interventi di consolidamento, manutenzione e ripristino di alcune sue parti strutturali.
Come poteva facilmente capirsi dal nome che gli ho dato, questo era un normalissimo trullo costruito in pezzi di tufo-carparo, rivenibile nella zona, sorto in un fondo probabilmente coltivato a vigneto. La necessità di vigilare il prodotto in maturazione consigliò l’antico contadino di costruire un posto di vedetta e questo lo scelse proprio sulla sommità del suo trullo. Ancora oggi, con un minimo di destrezza, è possibile salire sulla torretta camminando sulle chianche poste a copertura della porta d’ingresso e sulla torretta stessa utilizzando i gradini in pietra incastrati a sbalzo nella muratura.
Il secondo trullo (o ammasso informe di pietre) è ,invece, quello che rimane di una normalissima “casedd” che ha subito l’asportazione delle “chianchë” che saranno state utilizzate per completare e/o ampliare altri trulli. Mi è sembrato didatticamente interessante mostrare come, di fatto, si costruiva la “candela” (copertura del trullo in forma conica) e per questo ho poi fotografato l’interno per dimostrare che quelle pietre informi all’esterno, all’interno hanno una “faccia” perfettamente squadrata in archi simmetrici con diametro decrescente sino a terminare in cima con una sola pietra.
La protezione dalle piogge, dal vento e dalla neve era garantita dalle “chianche” che rifinivano il trullo anche all’esterno a partire dal “colletto” per terminare con il “pinnacolo”.
Dopo aver esaudito, credo, le domande poste dagli amici Aldo, Luigi, Carolenico e Rocco consentitemi delle osservazioni “politiche”.
L’altra sera mi è capitato di seguire l’intervista fatta da TRCB ai nostri nuovi amministratori e ho registrato l’entusiasmo e la voglia di fare del p.a. Allegrini, delegato all’agricoltura. Ho sentito che sta già impegnandosi per la buona riuscita della prossima fiera del fico mandorlato e va bene!
Questa è un’iniziativa che ha prodotto visibilità nazionale al nostro paese e va continuata e, se possibile, migliorata perché è uno strumento indispensabile per la crescita turistica ed economica di San Michele Salentino. Dobbiamo, però, porre attenzione anche alla valorizzazione del nostro territorio e quindi dei trulli, dei muretti a secco, delle masserie, delle specchie, degli ulivi e di tutte quelle piante autoctone che vanno piano piano scomparendo ( melocotogno-giuggiolo-nespolo d’inverno, lazzeruolo, gelso, perastro, carrubo, ecc). Dovremmo far sapere ai possibili turisti che, mentre ad Ostuni, Cisternino, Martina, Alberobello possono soggiornare in “affollati condomini di campagna” qui da noi è possibile fruire in modo esclusivo del sole, delle stelle, del cielo e di un trullo che padroneggia in un terreno a sua disposizione.
Da noi, la campagna ha ancora un proprio ritmo di vita e d’esistenza; per questo riusciamo ancora a “maritare” i fichi secchi, fare le paštë d’amenëlë, preparare i sottaceti e sottolio e le marmellate d’uva, di cotogne e di fichi, produrre ottimo olio e buon vino. La nostra è una cucina povera, essenziale ma ricca di bontà e genuinità e per fortuna ci sono già tanti buoni ristoratori del posto che propongono queste nostre antiche ricette.
Al turista possiamo e forse dobbiamo dare ancora qualcosa in più! Siamo ricchi di storie, fatti e personaggi, luoghi che vanno “raccontati” a questi “amici” ai quali interessa certamente una natura ecologicamente protetta, la buona cucina, il mare ed il sole, ma anche conoscere la cultura, gli usi, costumi e tradizioni del popolo che gli ospitano.
Forse questo deve accompagnare la Fiera del Fico Mandorlato e impegnare gli amministratori che vogliono interessarsi dell’agricoltura sanmichelana ed è questo il motivo del mio gironzolare per vie e tratturi di campagne, biblioteche ed anziani alla ricerca di foto e testimonianze, d’antiche tradizioni sulle quali progettare un futuro migliore.

sanmichelesalentino12giugno2912edmondobellanova

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10 Commenti a “Trulli, politica e fiere (di Edmondo Bellanova)”

  • luigi cappelli:

    ma in paese, ci sono dei maestri trullari che sanno ancora lavorare la pietra?.

  • midiesis:

    A San Michele vi sono dei “pariter”. Non so se sono in grado, però, di costruire trulli.

  • edmondo:

    …Rocco, mi rubi il LAVORO!
    E, se a San Michele non troviamo più “trullari”, non si potrebbe provare ad insegnare il mestiere a giovani volenterosi
    (magari con il patrocinio dell’amministrazione comunale)?

  • devina:

    L’idea di “insegnare il mestiere” è meritevole.
    Solo che un trullo costruito nel 3° millennio avrebbe una valenza culturale un po’ distorta.
    Le motivazioni architettoniche, infatti, non potrebbero essere quelle originarie, con la conseguenza di svuotare di significato storico questa particolare tipologia costruttiva.
    Diverso, ovviamente, il discorso del restauro conservativo e del recupero in un’ottica di valorizzazione del patrimonio architettonico indigeno.
    ndtv

  • luigi cappelli:

    la mia domanda verteva proprio a capire se fosse stupido pensare ad una scuola che insegnasse l’antico mestiere trullaro, visto l’enorme quantità di trulli da poter ristrutturare ed i pochi trullari rimasti.
    Parlando di riutilizzo e restauro non bisogna dimenticare che sono entrate a far parte della storia del nostro territorio anche le operazioni di superfetazione, orrendi accostamenti formali tra cubi di cemento e coni in pietra, è nella cura di chi compie queste operazioni di avere cura del nostro territorio.

  • edmondo:

    Non vorrei proprio passare per uno che non rispetta il territorio e la storia di questo paese.
    Un corso d’apprendimento sulla tecnica necessaria per la costruzione di trulli e muretti sarebbe utile proprio per evitare gli scempi che si sono commessi e si commettono, nell’assoluta indifferenza non di chi compie il fatto ma, di chi ha responsabilità.
    Nelle nostre campagne si costruisce ancora e non avrebbe “valenza distorta” edificare ancora un trullo al posto di una “civile abitazione”. Particolare attenzione dovrebbe essere posta ai necessari ampliamenti proprio per evitare gli “ orrendi accostamenti” di cui parla Luigi e le ovvie necessità segnalate da Nando al quale consiglierei la frequenza di questi corsi, non per cambiare mestiere ma, per ritrovare un giusto rapporto con la manualità, la scoperta dei materiali, la conoscenza di questa particolare tipologia costruttiva in un momento non tanto per ritrovare il “significato storico” del lavoro, ma almeno un beneficio certo da una sana attività fisica. Io ci parteciperei!

  • devina:

    Se dovesse essere attivato un siffatto corso, prometto di parteciparvi.
    A condizioni che:
    1)partecipiate sia tu, sia Rocco;
    2)ogni serata del corso si concluda con una puntatina in trattoria.

  • Ciao. Si sarebbe una buona iniziativa, se avessi quarant’anni in meno ci parteciperei anche io. Lavorare e maneggiare la pietra è un lavoro che mi ha sempre affascinato.
    Anch’io penso che non ci siano più sammichelani (almeno in età da lavoro) in grado di costruire e restaurare (nel modo giusto) un trullo.
    Credo invece che nella zona di Cisternino, Fasano, Alberobello, Martina e nei comuni limitrofi qualcuno ci sarà ancora sicuramente, venivano chiamati, mastri trullari.
    Date un’occhiata a questi interessanti post
    http://www.martinafranca.info/costruiretrullo.htm
    http://www.itrullidialberobello.it/il-trullo-e-la-sua-struttura/90-il-trullo-costruzione

  • [...] Da noi, la campagna ha ancora un proprio ritmo di vita e d’esistenza; per questo riusciamo ancora a “maritare” i fichi secchi, fare le paštë d’amenëlë, preparare i sottaceti e sottolio e le marmellate d’uva, di cotogne e di fichi, produrre ottimo olio e buon vino. La nostra è una cucina povera, essenziale ma ricca di bontà e genuinità e per fortuna ci sono già tanti buoni ristoratori del posto che propongono queste nostre antiche ricette. Al turista possiamo e forse dobbiamo dare ancora qualcosa in più! Siamo ricchi di storie,  fatti e personaggi, luoghi che vanno “raccontati” a questi “amici” ai quali interessa certamente una natura ecologicamente protetta, la buona cucina, il mare ed il sole, ma anche conoscere la cultura, gli usi, costumi e tradizioni del popolo che gli ospitano. [...]

  • Ogni trullo ha una sua autenticità naturale, unica, racconta con le sue pietre una sua storia contadina fatta spesso di stenti e fatiche e sacrifci. In Puglia, dove la pietra è inesauribile il trullo è l’essenza dello spirito di adattamento dell’uomo ad un ambiente naturalmente ostile. Il trullo somiglia al contadino che lo abita, apparentemente debole e goffo, è in realtà stabile, sicuro e resistente.

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