Le mie estati in vacanza (di Sabrina Barletta)

Sul caporalato di cui si parla puntualmente e solo d’estate, ho letto un paio di cose che stridono un po’ con la realtà che conosco io.

La prima è che a lavorare nei campi siano solo persone estremamente disagiate “con il water in cucina”, la seconda è che nessuna donna si sia mai imposta.

Il lavoro nei campi in realtà coinvolge una grande fetta di popolazione pugliese, donne che hanno sempre fatto quello ma anche ragazzi o studenti. Ne consegue, certo, che i soprusi siano ancora più diffusi di quanto si creda.

In quei campi ci sono stata anche io quando ero una studentessa, saltando tutti gli anni la sessione autunnale. Andavo al mare la domenica, di sera uscivo e andavo a bere con gli amici e alle 2,30 di notte ero pronta per salire su un pullman che ci avrebbe condotti a destinazione.

Cercavo di non perdermi nulla di quei vent’anni estivi, pur rimanendo ligia al dovere. Riuscivo in questo modo a pagarmi qualche mese d’affitto, da sempre e tutt’ora convinta che qualsiasi obiettivo riesca a raggiungere, gli unici “grazie” doverosi siano per i miei genitori e per me stessa. Mai disposta a scendere a compromessi o accettare raccomandazioni. Per alcuni ero addirittura “quella coi soldi”, perché si sa che gli studenti sono sempre pieni di soldi.

Nessuno di noi, però, aveva il water in soggiorno. Così come non è vero che nessuno protestasse. Si protestava e come! La punizione era uno o un paio di giorni a casa, per i più ribelli anche una settimana. Per fortuna non mi è mai capitato il tipo “minchia e mazzate”, le avrebbe prese lui entrambe, ma la minaccia era comunque all’ordine del giorno.

Mi hanno spesso consigliato di rimuove la voce “bracciante agricolo” dal curriculum, ma non ho mai voluto farlo. Le donne e gli uomini che lavorano nei campi le hanno le palle, altro che. É un lavoro faticoso che mi ha permesso di conquistarmi un pezzo della mia indipendenza. Ho conosciuto uomini e donne molto simili a me, con alcuni di loro parlavo di letteratura, arte e opere latine sotto quei tendoni asfissianti. Con altri ridevo di gusto, ci prendevamo in giro e ci raccontavamo con leggerezza. Ad altri stavo seriamente sulle palle.

Ricordo che una volta sentii due di loro bisbigliare “Diciamo a Sabrina che è ingrassata, così si sente male”. Diciamo pure che mangiavo insalata a pranzo e pizza a cena, torto non avevano.

Ho conosciuto il significato di “lavoro di squadra”, ma anche la competizione e la furbizia che tutt’ora mi riesce difficile riconoscere. Ho imparato a conquistarmi la vita, fosse anche per una bolletta pagata da sola. Lì sotto ci ho lasciato fegato, milza e polmoni, ma anche il cuore.

Con questo non voglio minimizzare quello che accade, ma trovo ridicolo che si risveglino ad anni alterni per denunciare una realtà che in Puglia non solo è quotidianità, ma persiste da decenni. E, puntualmente, sono le donne a non ribellarsi.

No! Siete voi a sbattervene!

Sabrina Barletta

Un Commento a “Le mie estati in vacanza (di Sabrina Barletta)”

  • midiesis:

    Leggendo le considerazioni di Sabrina vorrei aggiungere un altro aspetto che dovrebbe essere posto nell’agenda politica e sindacale locale. Mi riferisco a quanto avviene a San Michele Salentino in questi mesi estivi: circa 800 braccianti, una grossa fetta della nostra popolazione che si alza dal letto alle ore 2,30 (di notte) per recarsi a lavorare nelle province limitrofe (sud-est barese: Noicattaro, Turi, Rutigliano; nord barese: Bisceglie; Taranto: Castellaneta) fino ad arrivare in Basilicata (Metaponto, Scanzano Jonico, Policoro) per fare ritorno a San Michele Salentino nel pomeriggio.
    800 lavoratori che, considerando il quadagno medio giornaliero di € 30,00, in due mesi “portano a San Michele Salentino” € 1.500.000,00.
    Dico bene: un milione e cinquecentomila euro (tre miliardi di vecchie lire). In termini di entrate economiche, i turisti gli fanno un baffo ai braccianti sammichelani.

    Di questa presenza ce ne accorgiamo solo di notte, quando, di ritorno dalle feste terminate a tarda ora, li vediamo per il paese mentre si recano a prendere i pullmans e i pulmini o di pomeriggio, al ritorno, per le strade deserte carichi di stanchezza e borsoni. Per loro sono mesi di duro lavoro, lavoro che modifica radicalmente i normali ritmi di vita limitando in tutto a viaggio-lavoro-viaggio-riposo (poco) e così via.

    Il popolo invisibile dei braccianti ed il popolo visibile dei vacanzieri. “Paradosso di una estate sammichelana”, abbiamo scritto il 10 luglio del 2014 su queste pagine.

    Per loro, i braccianti, neanche un simbolico “caffè”, un grazie, un “semplice atto di vicinanza” da parte della politica. Il turismo merita più attenzione forse?

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