Di anatocismo non si soffrirà più (di Michele Salonna)

Il titolo è volutamente provocatorio, poiché l’anatocismo è una patologia non in senso fisico ma economico. Consiste in   una pratica “malsana“ ed  illegittima,  attuata  dalle Banche  con cui si capitalizzano  gli interessi su di  un capitale, cosicché,  essi siano a loro volta produttivi di altri interessi. In breve, l’anatocismo consiste nel calcolo degli interessi sugli interessi.

Tale attività  ha fruttato alle banche circa 2 miliardi di euro l’anno sulle spalle principalmente dei consumatori e delle piccole  e medie imprese. La cosa strana è che questa tecnica è vietata dal nostro Codice Civile dall’art 1283. Ciò nonostante  le Banche, approfittando di alcuni cavilli presenti nella norma e con l’appoggio del potere politico, sono riusciti fino ad oggi a praticare l’anatocismo ed a incamerare ingenti somme. Solo  la Giustizia Civile e Costituzionale si è opposta a tale prassi, con varie sentenze che hanno condannato tale pratica.

A seguito ti tali interventi giurisprudenziali, la Legge di Stabilità per il 2014, ha sostituito  il precedente articolo 120 T.U.B., eliminando la norma che, dal 1999 al 2013, ha consentito alle Banche di applicare gli interessi sugli interessi (anatocismo); la Legge di Stabilità dell’anno scorso, infatti, ha modificato il Testo Unico Bancario precisamente il 2° comma dell’art. 120 TUB, mettendo fine alla prassi degli interessi sugli interessi dei conti correnti. Ma la legge ha demandato al CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio), la regolamentazione di taluni aspetti.

Il 24 agosto 2015, il CICR ha posto in pubblica consultazione una proposta di delibera per stabilire le modalità e i criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria. La soluzione proposta dal CICR cerca di assicurare un equilibrio di interessi tra intermediari e clienti. Da un lato, infatti, prevede che non sarà più possibile capitalizzare gli interessi con cadenza inferiore all’anno, sia per la raccolta, sia per gli impieghi. Dall’altro lato viene introdotto un periodo di inesigibilità minimo di 60 giorni, decorso il quale gli interessi perdono la loro natura e diventano capitale. La delibera dovrebbe applicarsi a partire dagli interessi maturati dal 1° gennaio 2016, e prevede l’adeguamento dei contratti in corso entro il 31.12.2015

Nel frattempo ci sono state varie sentenze che hanno dato ragione ai consumatori nei confronti delle principali Banche italiane, permettendo il recupero di cospicue somme, ma vediamo adesso gli aspetti pratici.

Chi può chiedere la restituzione?

Il rimborso può essere preteso: 1) a partire dal 1952; 2) se il rapporto di cc è ancora in essere ed è stato acceso prima del 2000; 3) se il conto è stato chiuso da meno di 10 anni; 4) se il conto ha presentato saldi passivi. La richiesta di rimborso interrompe i termini per la prescrizione dell’anatocismo, ovvero, trascorsi 10 anni dalla chiusura del conto corrente,

Non si ha diritto invece al rimborso se il conto corrente è stato chiuso da oltre 10 anni essendo fondata la richiesta di ricalcolo fin dagli inizi del rapporto di conto corrente (dal 1942 in poi), trattandosi di rapporto continuativo (principio confermato dalla Cassazione SS.UU. n.21095 del 4.11.2004 e n. 24418 del 2.12.2010).

Quali documenti occorrono?

Ai fini di rimborso è utile disporre 1) di tutti gli estratti conto ricevuti dalla banca; 2) il contratto di sottoscrizione del conto corrente, in quanto la banca, in caso di smarrimento dei documenti, fornisce al correntista solo gli ultimi 10 anni della documentazione relativa al rapporto bancario, 3) Tutte le lettere di comunicazione della banca.

Come fare la richiesta di rimborso interessi?

Per prima cosa, è necessario inviare una lettera raccomandata alla propria banca con la richiesta di rimborso delle somme indebitamente percepite e relative alla citata ricapitalizzazione trimestrale, nonché alle altre spese collegate. Se la banca non risponde entro 10 giorni dalla data di richiesta di rimborso effettuata tramite lettera raccomandata o risponde negativamente, il cittadino può rivolgersi al Giudice di Pace per importi sino a €.5.000,00, o al Tribunale competente per importi maggiori.

Quali spese occorrono ?

In primo luogo bisogna inviare la raccomandata e solitamente le associazione dei consumatori predispongono la missiva previo tesseramento, inoltre bisogna predisporre una perizia per verificare la situazione (costo intorno alle €.100,00) ed eventualmente iniziare un giudizio con un legale con il quale si può convenire che in caso di esito positivo si avrà diritto ad una percentuale di solito tra il 20 e il 30% del risparmiato

Per qualsiasi informazione è possibile telefonare al 3737515515.

Michele Salonna

 

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