La lettera sotto il piatto (di Nicola Romanelli)

Non so se ancora esiste l’usanza a Natale di mettere la lettera sotto il piatto. Nel lontano 52-53 per noi bambini era un’occasione elettrizzante e se volete la racconto anche per rivivere momenti fantastici come si passava in famiglia il Natale!

La lettera sotto il piatto

Come al solito tutte le feste, la mattina presto era un fermento, un trambustio, all’inizio, un fruscio qua e là, e col passar del tempo, la frenesia non dava retta alle precauzioni. E poi, chi veniva svegliato dai rumorii, era ben lieto di aprire gli occhi, pensava subito “ oggi è Natale “ e si correva a guardare cosa faceva la mamma con le sorelle.

Nel camino scoppietta già il fuoco con accanto la pignata per il sugo. (Un buon sugo va cotto lentamente a lungo! sentenziava mammaLetchye) L’odore ti stuzzica e quasi tutti, di nascosto, si prova a inzupparvi un pezzo di pane, ma la mamma, seppure indaffarata, veglia e interviene : – fatevi le uova, ma lasciate il sugo, se no a mezzogiorno mangiate i maccheroni e orecchiette in bianco – e ci convinciamo a lasciar perdere.

Sostiamo però in cucina, bassa e stretta, accanto alla brace per riscaldarci e la mamma già tutta la fronte madida di sudore, spezzetta la pollastrella e il coniglio, che il giorno prima le sorelle hanno spennato e spellato. Lina e Ria nello stanzone soggiorno, preparano la pasta per le polpette. Un intenso odore di prezzemolo, aglio e formaggio provoca le narici, aumentando l’atmosfera di festa. È ancora buio, albeggia quasi, un bussare alla porta attira la nostra attenzione. È nunna Letchye, un manico di scopa che cammina. Sempre allegra, anche quando é preoccupata.

- Oh Che, dammi, per cortesia, una tazza di sale, nessuno ci ha badato, proprio a Natale. –

La voce acuta e autoironica allo stesso tempo mette allegria.

- Entra, cumma Lé, -  la invita la mamma – non stare sulla porta. – Mentre senza mai fermarsi versa il sale.

- Cosa devo entrare, con tutto quello che mi tocca fare. E voi pure, vi vedo che ballate assai! – Sante feste, potremmo accontentarci di una pignata di fave e qualche patata, e invece dobbiamo saltare come cavallette per accontentare tutti. -

- Cosa vuoi farci, – le fa eco la mamma, dandole il sale in un fazzoletto lindo. -  Sono gioie e dolori, e vengono sempre assieme. –

- No, Che, no. Cosa mi dai? Al mercato avrei ricevuto meno. Tutto questo sale, un poco, se no, se sei così generosa, vengo qui a mangiare e buona notte alle feste! –

Fa per aprire il nodo ma la mamma amichevolmente la sospinge fuori chiudendo la porta : – Ma guarda un po’, pure sul sale dobbiamo ragionare! –

- Va bé va, me ne vado, se no si fa mezzadi e lo senti Antonio se non trova pronto lu jadduzz! Statevi bene e Buon Natale … mannaggia santu niente, va …, – mentre attaccati ai vetri della porta Nzin ed io le facciamo divertiti da matti, le boccacce.

- guarda questi, guarda, – strilla burbera, – facciamo i conti, dopomangiato, con voi due – e sparisce dietro la persiana di casa sua, proprio di fronte la nostra.

Mamma intanto non è mai ferma, seppure indaffarata, mantiene la sua aria buona, la fata di casa, mansueta e serena!

Lina e Ria le girano sempre attorno chiedendole il suo parere, se basta il prezzemolo, se devono aggiungere qualche uovo, quanto sale serve, e lei sempre di fretta-calma, va a vedere e assicura che va

proprio bene così. Lina e Ria bambine ma signorinelle già fatte, in cucina sono bravissime, pure si affidano all’abilità ed esperienza  della madre e loro maestra.

Nella grande scodella, quando tutto è pronto, Ria avverte nostro padre. Lui si apre un grande tovagliolo sulle ginocchia, imbraccia la scodella e colla grossa cucchiaia di legno, rimescola.

Gira e rigira, mentre Nzin ed io come mosche attorno non lo lasciamo in pace, cerchiamo di affondare le mani nella pasta per assaggiarne un pezzettino.

- Solo un po’, e sparite – grugna – e ci porge quella appiccicata sulla cucchiaia. –

Ma noi non ci accontentiamo e insistiamo.

- Una cucchiaiata in testa vi do – sciò, andate via o chiamo vostra madre . –

La mamma esce dalla cucina e mi sussurra all’orecchio : – vai a scrivere le lettere, prima che sia tardi. –

Fuori, un trillio e il freno acuto d’una bicicletta ci fa accorrere.

Zi Pepp a cavallo della bicicletta Bianchi, un piede a terra, consegna a Ria un fagotto. Dalla persiana sollevata scorge nostro padre intento a impastare:

- Te l’ hanno dato il lavoro giusto a te. -  lo stuzzica.

- Vieni dentro, vieni a darmi una mano, a me fa male già il braccio a forza di girare. – Poi nota il fagotto che la Ria posa sul tavolo in mezzo la stanza.

- Ma cosa porti, sei un baccalà… ma portalo indietro … ma guarda un po’… fermati un poco, entra! –

- Eh si, entro! Con tutto che c’è da sbrigare. Buon Natale a tutti, e … ci vediamo sta sera. –

- Passeremo, se vuole Dio, – gli fa eco la mamma, mentre zi Pepp pedala verso la piazza.

- Guarda Co, tacchino è ! Potevano tenerselo per loro, in grazia di Dio, non dovevano prendersi tanto disturbo, Madonna mia! – dice la mamma tutto d’un fiato con gli occhi al soffitto!

Mio padre finisce di fischiettare, cosa che fa sempre quando è allegro, posa sul tavolo la grande scodella, e la mamma la copre subito con un tovagliolo lindo.

- In queste feste “ la gioia di dare “ è la cosa più bella. Ti fa sentire in pace con tutti. – dice trasognato il babbo.

- Cacome Co – ( proprio cosi ) sospira beata la mamma.

- Però di noi ti sei scordato o fai l’orecchio da mercante – approfitta del momento propizio, per intervenire Ria, mentre con Lina lava il pavimento di pietra e riordina la casa.

Nel sentire ciò, a papà gli scappa da ridere, mentre davanti uno specchio attaccato ad un chiodo si fa la barba…

Ancora suono di biciclette. Nucc e Batudd rientrano riferendo a gran voce i ringraziamenti di zia Vita, zia Francesca, zia Atonia ed altri parenti. A tutti nostro padre ha voluto distribuire un po’ della caccia di qualche giorno prima, tordi, pernici, lepri, quaglie che dalle parte di Villanova al mare di Ostuni e nella selva profumata ha colto con fortuna ed abilità.

E i miei fratelli non sono tornati a mani vuote. Le zie infatti, hanno ricambiato con altri doni. Chi con un bottiglione di vino di uva speciale, chi con qualche forma di pane sfornato al piccolo forno privato e con dolci natalizi.

Peccato che Natale è solo un giorno, ammettono tutti, davanti a tanti scambi di generosità, dimostrazione di affetto e stima.

Mentre la pignata brontola, le sorelle con mamma fanno le polpette. Ciascuno prende una forchettata di pasta, l’arrotolano tra le mani e  pongono sulla tavola spolverata di farina le polpette.

L’olio d’oliva del fondo di sobb Ataen, sfrigola in padella, la mamma con cautela e fretta pone le polpette dentro evitando le spruzzate tra risate allegre.

Fuori il sole non vuole uscire, ma nessuno se ne preoccupa.

Sembra che viene la neve, dice Vituccia, che abita di fronte, e ride fragorosamente.

Mamma pone in un piattino delle polpette e mi dice di portarle a Cosima, nostra vicina di casa e sua amica, e lo stesso fa con Nzin da portare a nunna Letchye. E rientriamo di corsa come la mamma ci ha consigliato per evitare di accettare regali in cambio, ma dietro a Nzin corre pure l’arzilla vecchietta quel tutto peperoncino di nunna Letchye, e a me rivolta: – na, un pezzettino di gatto. – e pone sulla tavola un piattino con cinque profumati involtini  – buon appetito a tutti. A me è passata la fame… mannaggia i gatti  e i … sorci. Oggi non mi dovete far bestemmiare, è Natale, ma domani facciamo i conti. – E si morde l’indice della mano destra.

- Dove prendi tutta questa energia – la invidia la mamma.

- Energia? sono tutta frantumata, un traìno mi è passato addosso. – e fingendo rabbia scappa via.

- Colì, le lettere? – mi ricorda con un sussurro la mamma.

- Quella di papà l’ho finita, ma per zi Michele non so cosa dire! – mi lagno aspettandomi un suo aiutino.

- Beh, scrivila uguale. Però sbrigati ch’è tardi! –

Sotto l’occhio vigile di Batudd la scrivo in bella calligrafia, Lina la infila in una busta bianca e faccio per uscire.

- Aspetta, prendi qua! Attento a non versarlo. – Stretta, in un tovagliolo, una pentola col coperchio. C’è dentro polpette e uccelli al sugo. – Su, adesso vai, manesct (sbrigati).

Lei ferma sulla soglia mi osserva soddisfatta ma appena scompare dietro la persiana, allungo il passo, stando però attento seriamente a non versare il profumato sugo. Entro in casa, anche qui è un formicolare attorno la tavola per gli ultimi preparativi. Zia Vuleria mi aspettava, e con un bel sorriso mi viene incontro. Le consegno il fagotto che mi era diventato pesante.

- La mamma mi ha detto di portartelo –

Lei scioglie il nodo, solleva il coperchio e subito si espande tra gli altri odori una nuvoletta soave!

- Uhm, che buono! – esclama la zia. – Ringrazia la mamma e dille che non doveva prendersi questo fastidio. –

- Zia, ho portato la lettera, – le bisbiglio, – la metto adesso? –

- Ma si, subito, mettila qua. Per lo zio dev’essere una sorpresa. Svelto, svelto sta per entrare. –

Veloce infilo la letterina sotto il piatto a capo tavola e corro dietro la zia che si dirige in cucina.

Lo zio entra. Magro, dritto, viso asciutto con occhiali da vista e montatura nera. È sereno, gioviale.

La zia come lo sente entrare, dalla cucina separata da una lunga tovaglia, grida: – A tavola. È pronto! –

Mio cugino Ciccillo e la sorella Macolata vanno per primi. Zi Michele si toglie il cappello nero, lo appende dietro la porta, e si accomoda a tavola.

Zia Vuleria arriva con una scodella di terracotta colma di maccheroni e orecchiette fatte in casa. La segue Pompea, da una folta chioma nerissima, la figlia più grande, con un pentolone con carne e polpette al sugo.

Come d‘usanza in tutta Massarianova il padre di famiglia vien servito per primo, e la zia si dirige verso il marito mentre lo zio solleva il proprio piatto lo porge estasiato dai profumi e…

- Per il ciuccio di Ciciriello che si chiamava Pascariello! una lettera sotto il mio piatto? – esclama sorpreso!

Mi ero già posto vicino a lui e senza attendere gli dico : – La leggo io, zio, se vuoi! –

- Si, grazie, ché io non ci vedo bene. –

La apro eccitato. Il mio pensiero è a casa! Devo sbrigarmi. Leggo ad alta voce, e pur volendo correre, faccio come la mamma mi ha ammonito. – La lettera la leggi lentamente e chiara -

- Carissimi, oggi è Natale. Gesù Bambino ci chiede di essere buoni, ed io vi prometto di essere più buono per l’anno che viene. Vi auguro ogni bene e tanta felicità. Buon Natale a tutti. -

- Molto bravo, Colì, mi fa lo zio soddisfatto. – Poi con calma tira fuori dalla giacca il portafogli, sceglie tra le varie monetine tre da dieci lire, me le mette nella mano chiudendomela.

Esultante scappo verso la porta.

- Tieni, Colì, porta questo a casa – Pompea mi consegna un fazzoletto colmo di dolci appena sfornati. -

L’afferro con un bel sorriso, e corro come una lepre stringendo nella destra il mio tesoro.

Arrivo assieme a Nuccio, che mandato dalla mamma al bar Paravient, ha portato al padre il breve messaggio “ La mamma ha menato la pasta “.

E difatti all’angolo della strada, lui spunta, col capello in testa, il vestito marrone della festa, e una bella pancetta di cui ne è fiero!

Entro in cucina, all’estremità del tavolo la scodella stracolma di polpette fritte mi tenta. La mamma porta sulla tavola il sedano ed io, approfitto per arraffare una polpetta e me la metto in bocca.  Scoppiavo se non lo facevo!

Ma Nzin, quel muso di porco, mi ha visto. Corre piangendo da mamma e le tira la veste.

- Anche a me una. Colin si, e a me no? Voglio anch’io!

- Siedi a tavola, che fra poco potrai mangiarne quante ne vuoi. –

- No, no, adesso la voglio, – insiste piangendo.

- Non ti farò più giocare con me, – gli sibilo all’orecchio.

Lui strilla e batte i piedi per terra. Tutti lo coccolano senza riuscire a calmarlo. Prendo il gratta formaggio e comincio a grattugiare il “ Cacioricotta “ . Un formaggio duro, bianco di latte di capra.

Si apre la porta. È nostro padre. Nzin gli corre incontro, si afferra alle sue gambe, singhiozza a sega che fa pena. Il padre lo solleva in braccio: – Chi è stato quel cattivo a farti piangere, bel piccino mio? –

Nzin mi indica col braccio teso – Co – Co – Colin , singhiozza. –

Ria, gli racconta cos’è accaduto e lui sbotta: – I morti delle polpette. Datene una pure a lui, e fatela finita. –

Lina gliela porta, Nzin la rifiuta, ed io gli mostro la lingua, mentre continuo a grattugiare. Ogni tanto una scheggia di formaggio si stacca e goloso me la metto subito in bocca.

- Ueh, ueh, fischia quando gratti il formaggio, -  mi stuzzica il tata.

Nzin, vuol grattugiare anche lui, e prima che scoppi una zuffa nostro padre interviene e continua lui.

Mentre lui è assorto nel suo compito, tutti assieme gli gridiamo :- fischia, fischia, mentre gratti !- e l’allegria riaccende la casa.

- Cooo, -  chiama mamma dalla cucina.

Lui capisce.

- Aspetta, faccio io. – Pone tutto sulla tavola e di fretta va ad aiutarla. Le prende di mano il pentolone bollente aiutandosi con due tovaglioli, e scola piano piano la pasta in un secchio posto ai piedi del tavolo.

- Ecco – dice -  anche la sciotta per i maiali è pronta. –

Giunge finalmente l’esortazione della mamma “ a tavola “ e senza indugio ci sediamo ciascuno al proprio posto.

A capo tavola, Cosimo di Barnabbät, nostro padre, alla sua destra, Maggiore Domenica, detta Chetchye, la mamma, e alla sua destra Lina e Ria.

A sinistra di tätä` è il mio posto, di fronte a mamma, segue Nzin, mus di puerc, viene Nucc soprannominato Cik di Murron, e a capo tavola dirimpetto al padre, siede, Batudd.

- Dammi il piatto – chiede la mamma.

Il capo famiglia lo porge, ed io gli noto un mezzo sorriso. E come niente fosse, ripone il piatto fumante di orecchiette e maccheroni. Lo guardo contrariato e porto pazienza. Tutti a turno riceviamo il

piatto pieno, e Ria ripassa col mestolo, aggiungendo ciascuno cinque polpette ed un pezzo di pollastrella con abbondante sugo.

- Aspetta – intima Batudd a Nucc, che aveva preso la forchetta in mano e stava per prendere il primo boccone. – E poi, non con la sinistra, anche a Natale devo dirtelo! –

- Con la destra non mi trovo, risponde corrucciato Nucc, e lesto rimette la forchetta nel piatto.

- Vieni, Cristo, e mangia con noi – prega nostro padre – e buon appetito a tutti.

Nello stesso istante, come lui affonda la forchetta nei maccheroni, noi attacchiamo, tra un incredibile rumore di forchette e risucchi gustosi.

La pasta è più buona del solito, ma noto che tätä`, mangiatone la metà, allontana il suo piatto. – Sono sazio – sbuffa.

- Colì prendi tu il resto, mi fai un piacere, un po’ anche a te Nzi.  –

Sta per versarci il contenuto del piatto, quando la mamma gli trattiene il braccio.

- Ma no, smettila, e voi proprio per fessi vi fate prendere! –

Lui insiste : – Mangiate la pasta, quante ne volete, io mi pappo la carne e poi anche la vostra. E le polpette e i tordi. –

- Ci volevi imbrogliare tu, eh! dico fingendomi arrabbiato. Mi mangio io la tua carne.-

-  Però papà, interviene Batudd, le altre volte, quando c’è solo pasta, ti pulisci pure il sugo col pane, senza offrirne a nessuno!-

- Non sono mica fesso io ! e scoppia a ridere -

Continuiamo nell’allegra confusione e d’un tratto Antonio chiede meravigliato :  – Ma hai messo carne nelle polpette? –

- Beh, almeno per Natale, un pizzico di carne tritata ci voleva, come sono? chiede a sua volta la mamma.

- Dammene ancora, fa il furbo Nuccio! –

- Vai a zappare, e al ritorno troverai il piatto pieno, – lo stuzzica Batudd. –

Ria ricomincia un altro giro mentre Lina regge il pentolone. – Un tordo e tre polpette a testa – e il resto per questa sera, aggiunge.

- A questa sera pensi? Mangiamo adesso e non se ne parla più! – scherza Giuseppe –

- Nzin  ed io diamo le teste di uccelli a nostro padre, che le prende volentieri. Se ne porta una in bocca tenendola per il becco, la schiaccia tra i denti e la succhia con un grugnito di piacere. Noi giriamo la testa dall’altra parte disgustati.

Gli faccio notare che proprio a Natale si è messo a tavola senza togliersi il cappello.

- Per la marina, mi son scordato ! -  Si alza. Ci ripensa : – Ah, tu vuoi fregarmi la carne! –

- No, no, lo giuro, sono abboffato – protesto.

- Anch’io ero sazio, – ride e preso seco il piatto va ad appendere il cappello.

- Ueh, cos’è questo, – dico fingendomi curioso, non appena si riavvicina al tavolo.

- Birbante, me l’ hai fatta eh ? ammette, provando a frenare un principio di risata che invece si attacca  a tutti prorompente.

Rivolto alla mamma le confessa che voleva tirarla per le lunghe, ma : – Colin è stato più furbo di me. _

- Allora vediamo un po’, leggila tu che io non ci vedo tanto bene, – e me la porge.

- Dì che non sai leggere – lo sfotte Antonio.

Io mi sento in paradiso, e mi levo lo sfizio anche di chiedere da bere: – Ho sete. Voglio provare un po’ di miero. Posso tätä`? Poco poco, dai!

E va bene, acconsente lui, me ne versa con la gazzosa un dito nel bicchiere.

Poi fa per versare un po’ di mier alla mamma e alle sorelle : – No, no – fanno in coro – maisia quella porcheria! –

Io bevo. Non mi piace, ma dico che mi piace per sembrare più uomo.

- Prima di ubriacarti, leggi la lettera – mi canzona Batudd.

Mi alzo, e mentre tutti tacciono, recito a memoria, scandisco piano e solenne le parole che avevo scritto alla vigilia!

- Sembra proprio Papannin – sentenzia mio padre.

Lina mi provoca : – Vogliamo vedere, che non passa oggi e si è già dimenticato delle promesse? –

- È Natale, sono buono, non ti voglio dire di pensare ai fatti tuoi! –

- Ueh Colì, sono contento per la lettera, eccoti qua … prende dalla tasca delle monete, che gli piace far tintinnare, e me ne mette alcune sul tavolo.

Incredulo conto 50 lire! Saltello come un indiano dalla gioia. Tiro per le braccia, la mamma, Ria, a Lina la tiro per i capelli, fingendo di giocare ma tiro sul serio, e lei mi molla un calcio che evito facilmente.

Batudd mi chiede : – Cosa vai a comprare con tutti quei soldi ? –

- Adesso li metto da parte. Poi si vedrà! – rispondo raggiante.

 

Nicola Romanelli

 

5 Commenti a “La lettera sotto il piatto (di Nicola Romanelli)”

  • stefania nigro:

    Vivi complimenti. Come al solito riesci benissimo a farci partecipare, quasi fossimo spettatori, nei tuoi racconti. Bravo. P.S. I morti delle polpette è davvero spettacolare. Ancora sto ridendo.

  • roni:

    ciao Stefania, risentirti credo sia il più bel regalo di Natale! Da tanto tempo ormai non ti sentivo su midiesis con i tuoi scritti. Sei sensibile e affina, peccato che non li condividi e so che nel cassetto ne hai tanti! Ad ogni modo questo racconto é tratto come saprai dal libro ” il gusto della mela ” il titolo mi ha detto qualcuno avrebbe dei sottintesi e invece garantisco che é quel che dice! Nei tempi quando mancava tutto per un bambino vedere al mercato esposte quelle mele coloratissime sbavava davvero e a casa quando il papà le sbucciava litigavamo per accaparrarci le bucce! Beh sono contento di risentirti davvero grazie e ti auguro un sereno gioioso Natale!

  • Sante Carriero:

    Caro Nicola, sono Sandrino Carriero; ti ricordi di me? Il Collegio di Roma?
    Ogni volta che leggevo un tuo scritto su “midiesis” volevo intervenire per complimentarmi con te, ma poi finiva lì. Quando scrivi mi fai ritornare ai tempi passati, quando, bambini, giocavamo per strada (questa era il nostro parco giochi) con un pallone fatto di carta, scalzi, (perché avevamo solo un paio si scarpe che servivano per andare a scuola); quando si giocava a “purg” , alla “uerr”, a “scavaddett”; quando si andava a scuola con una cartella di cartone con dentro due quaderni con fichi e pane.
    Nel congratularmi con te per la tua buona vena letteraria, ti mando per l’occasione i più sentiti auguri di Buon Natale.
    Con simpatia.
    Sante Carriero

  • edmondo:

    Cik,Batudd,Vuleria,Letchye,Ria,Colì,Ciccill,Pepp,Nucc,Lina! Bastano questi”vecchi suoni” per farci rimpiangere tempi che non torneranno! Bravo e Auguri!

  • roni:

    Sandri`cacome ca mi ricord di te! La mia ammirazione per te era ed é rimasta intatta da quando eravamo bambini fino ai nostri giorni! La tua titubanza ad esternarti non preoccuparti, è il nostro marchio sammichelano, restii ad aprirci, ma come giunge in un giorno tanto speciale ti confesso che mi hai commosso fino alle lacrime! Beh non volevo dirlo ma adesso lo sai! Grazie per i complimenti del resto quello che dici del passato é sangue che scorre nelle vene di tutti noi, come dimenticare quei tempi e come non rimpiangerli, considerato i tempi assai duri ma pieni di infinite soddisfazioni che oggi non ci immaginiamo!

    Caro Edomondo quello che dici é uno stimolo per tutti noi sammichelani a riassumere e sottolineare avvenimenti di quel passato solare che abbiamo avuto il privilegio di vivere! Tu lo fai e spero che i nostri concittadini ne siano coinvolti a condividere i tuoi sforzi!

    Vi ringrazio, Sandrino, Edmondo, per gli incitamenti e auguri e ricambio con affetto e amicizia un sereno Natale a voi, alle vostre famiglie e a tutti coloro che leggono La lettera sotto il piatto, anche se non dicono niente, ma che per un momento li ho fatto sorridere di nostalgia!
    Buon natale a tutti
    Colin

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