Stefania Lombardi: quella sedia a dondolo

Stefania Lombardi

Nevicava. Quell’anno la neve sembrava non voler proprio lasciare il paese e depositava quel manto bianco come inconfondibile marchio di una visita da lungo tempo attesa e la cui rimembranza doveva permanere per molto tempo nelle menti di noi bambini. Era una visita alquanto bizzarra per l’assolata puglia! Ogni movimento era poesia e ogni silenzio era esaltazione. Conservo il ricordo come un’istantanea di una macchina digitale. Ricordo quella sedia a dondolo, come dimenticarla!
Quella sedia aveva un nome, anzi, un proprietario, un amico più che abituale: era la sedia di mio padre. Sempre, da bambina, all’accostarsi della sera, appoggiata al cornicione della finestra, attendevo il sopraggiungere del dolce rumorio di una bici nota che mi portava una persona cara. Forse è per questa ragione che dopo la laurea, il lavoro, e il sopraggiungere degli anni, ancora amo concedermi il contemplativo trasporto a mezzo bici. La persona tanto attesa finalmente entrava in casa, salutava tutti con quel suo sorriso che scaldava l’anima e soleva sedersi proprio su quella sedia a dondolo. Mi sedevo sulle sue ginocchia e attendevo con ansia l’inizio del racconto serale. Fuori la neve, dentro l’immagine di un quadretto felice. Credevo davvero di vivere in uno di quei libri animati che possedevo da bambina, anzi, più verosimilmente, mi sentivo dentro quelle famiglie a cui gli spot televisivi ci hanno da tempo abituato imponendo al mondo intero il loro concetto di famiglia ideale.-“Papà mi racconti una storia”? Quante volte l’avrò ripetuto…. Chissà se le storie che non si stancava mai di raccontarmi erano frutto della sua inesauribile fantasia oppure mi faceva sfoggio e regalo di antichi racconti pugliesi mai registrati, mai scritti e che affidavano al solo racconto orale e al ricordo nostalgico la loro stessa sopravvivenza…. Le storie sembravano uscire dalle fiabe di Esopo con animali antropomorfi per protagonisti. Adoravo, fra tutte, le storie di compare lupo e comare volpe… -“…allora, papà, che fanno questa volta compare lupo e comare volpe?”La sua voce che mi riempiva la testa di bambina cominciava: “Nevicava. Compare lupo e comare volpe dovevano recarsi a una festa molto importante. La via era impervia e la strada da fare era parecchia ma loro mai avevano disatteso una festa. Compare lupo affrontò il gelo, la strada e la neve e arrivò alla festa stremato. Comare volpe trovò il modo di farsi accompagnare…”_”…e poi?”, solevo interrompere io, come sempre.-“…..e poi si divertirono, bevettero e si riscaldarono. Furono molto contenti di esserci andati. Fuori continuava a nevicare e i problemi cominciarono sulla via del ritorno. Compare lupo e comare volpe si avviarono assieme ma compare lupo, che già era esausto per il precedente tragitto, proprio non ce la faceva a proseguire. Stremato dalla stanchezza cadde e si ruppe una gamba. Il poveretto chiese a compare volpe di aiutarlo a proseguire perché con quella gamba rotta sotto la tormenta di neve proprio non ce la faceva….. Comare volpe disse che lo avrebbe aiutato ma che avrebbe cercato un medicamento in un casolare che aveva avvistato in lontananza. Compare lupo era davvero contento di avere un amico così fidato. Peccato che comare volpe proprio non voleva saperne di faticare, amicizia o meno. Si recò al casolare al solo scopo di prendere tempo e inventare una scusa. Nel casolare, probabile deposito di un contadino, trovò una forma di ricotta e subito gli venne un’idea. Con la tormenta di neve la visibilità era ridotta e compare lupo non era certo noto per essere una cima…. Comare volpe tornò da compare lupo con la ricotta piazzata sul capo e lamentando anch’egli una brutta caduta avuta mentre cercava aiuto per il lupo e a causa della quale gli era schizzato via il cervello dalla testa. Probabilmente qualcun altro avrebbe capito che una ricotta non poteva essere un cervello ma compare lupo ci cascò in pieno. Amareggiato per l’accaduto e sentendosi anche un po’ in colpa, il lupo, che era un cuor d’oro, si offrì di portare l’amico in collo fino a casa nonostante soffrisse per la propria gamba rotta. La volpe, tutta contenta, cantava e ripeteva: “Gente, ammirate il fatto strano: il rotto porta il sano; il rotto porta il sano!”Il lupo chiedeva il motivo per quello strano ritornello ma la volpe motivava che ormai sconnesso era il suo cervello e ripeteva cose senza senso. Arrivarono a casa della volpe che subito incise sulla sua porta: “Questa sera, guarda strano, il rotto ha portato in collo il sano”.Il lupo non ce la fece ad arrivare a casa perché spirò nella neve ma aveva sul volto l’espressione soddisfatta di chi ha compiuto una buona azione”.La morale che la bontà non paga, raccontata da un uomo d’inverosimile buon cuore, aveva un retrogusto ironico che sin da bambina percepivo in pieno, e sembrava che la raccontasse a se stesso per esorcizzare qualcosa di una vita fatta di stenti ma comunque felice per quanto ne abbia memoria. Forse il lupo ha continuato per la sua strada perché aveva un ideale, vero o falso che fosse ed è morto felice di essere rimasto fedele a se stesso. Non so perché fra le storie che mio padre soleva raccontarmi, è questa che continua a martellare prepotentemente la mia memoria. Forse, perché anche questa storia porta con sé il suo marchio, è una parte di mio padre, è una sua emanazione…. E’ qualcosa che, al tempo stesso, urla prepotentemente ma in maniera sommessa: “Non dimenticarmi”!Nevicava. Quella rara nevicata nel sud Italia e quella persona amata sono ancora qui, li vedo ancora, con gli occhi nostalgici della memoria. Non l’ho mai dimenticato.

Stefania Lombardi

Un Commento a “Stefania Lombardi: quella sedia a dondolo”

  • sergio:

    La memoria è ciò che ci fà vivere il presente e ci prepara per il futuro.
    Senza memoria il futuro non ha speranze.
    Ciao

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